Due contributi sui fondi fotografici dell’ICCD pubblicati sul Bollettino d’Arte n. 22-23 aprile-settembre 2014 (Serie VII)

Pubblicato il 11/12/2015

Due contributi sui fondi fotografici dell’ICCD sono stati pubblicati sul Bollettino d’Arte n. 22-23 aprile-settembre 2014 (Serie VII), che ha inaugurato una nuova sezione dedicata alla fotografia. Una premessa di Laura Moro introduce ai due  testi di Elena Berardi e Benedetta Cestelli Guidi.

Elena Berardi in L’Archivio fotografico della Direzione Generale Antichità e Belle Arti: genesi ed evoluzione del “Fondo MPI” descrive il contesto di riferimento nel quale prese avvio la formazione del Fondo MPI, un fondo fotografico di 300.000 stampe formatosi in circa un secolo di attività presso la Direzione Generale Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione e conservato oggi presso l’Istituto Centrale per il Catalogo e della Documentazione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo.

Nel corso della propria attività il Fondo MPI subì fasi alterne di fortuna: a periodi in cui fu oggetto di grande interesse da parte soprattutto di studiosi che, in molti casi, si adoperarono per incrementarne la consistenza, se ne alternarono altri di pressoché totale dimenticanza.

Certamente una delle fonti più consistenti di incremento per l’Archivio fu costituita dalle pubblicazioni per le quali venivano prodotte fotografie a corredo di saggi e articoli. Con la nascita nel 1907 del Bollettino d’Arte del Ministero della Pubblica Istruzione venne formalmente richiesta l’adozione di tale procedura già contenuta nella circolare del 2 ottobre 1906 che il Ministro Rava aveva indirizzato ai direttori di gallerie, musei e scavi e agli uffici regionali per la conservazione dei monumenti, nella quale raccomandava l’uso di fotografie a corredo dei contributi.

Insieme all’analisi dei materiali fotografici, è stata parallelamente condotta una ricerca sistematica delle carte conservate presso l’Archivio Centrale dello Stato appartenute alla Direzione Generale Antichità e Belle Arti e acquisite dall’ACS in occasione di successivi versamenti. Si tratta di una preziosa documentazione in cui si evince l’interesse ministeriale verso la fotografia e il ruolo di privilegiato strumento di documentazione ad essa conferito.

 Dall’intreccio di ricerca tra documentazione fotografica e archivistica emerge un quadro di grande interesse che consente di utilizzare nuove chiavi di accesso alla lettura di uno straordinario corpus che si connota come uno dei fondi più ricchi di suggestioni storiche e culturali tra i molti che nel tempo, e con modalità diverse di approdo, sarebbero confluiti nell’ICCD.

Benedetta Cestelli Guidi in Assenza di autore. Le raccolte fotografiche “Tuminello” e “Cugnoni” tra prassi artistica e processi di archiviazione nel Gabinetto Fotografico Nazionale si interroga sulle dinamiche di acquisizione di collezioni e archivi fotografici da parte del Gabinetto Fotografico (poi Nazionale) durante i primi due decenni del Novecento. Le immagini e le carte d’archivio ci guidano nel comprendere i motivi d’interesse e i criteri di valutazione nelle accessioni dei vari materiali da parte dei due primi direttori del Gabinetto Fotografico, Gargiolli e Carboni, e dei funzionari della Direzione Generale Antichità e Belle Arti. La ricerca ha messo in luce la rilevanza di una programmazione tesa a inglobare e valorizzare l’opera di fotografi attivi sul territorio romano i cui fondi, una volta finiti sul mercato, sarebbero andati inevitabilmente dispersi.
Nello specifico lo studio segue le fasi cruciali dei passaggi delle raccolte Tuminello e Cugnoni, da fotografo a fotografo, da persone private a istituzioni pubbliche.
La seconda parte dell’articolo è dedicata al Fondo Cugnoni la cui caratteristica è quella di essere una raccolta di immagini di autori vari e di soggetti variegati che non è possibile ricondurre ad un unico autore, né ad una unica committenza; la sua composizione è infatti il risultato di una politica di acquisto da parte dello stesso Cugnoni che a sua volta venderà la collezione allo Stato.
Il fondo restituisce l’immagine della città e dei suoi cantieri architettonici ed artistici negli anni del passaggio dalla Roma papalina alla Roma Capitale del Regno d’Italia, dando visione del gusto dell’epoca, sia per quanto concerne le emergenze monumentali, che naturalistiche del suo territorio.

L’analisi delle varie fasi di archiviazione dei materiali ha messo in evidenza la difficoltà di giungere ad una attribuzione certa delle fotografie a determinati autori. Il dato ha portato a riflettere sull’assenza del concetto di autore (e di copyright) nell’ambito della pratica fotografia tra fine Ottocento e inizio Novecento.